Cosa non comprare low cost
Come crearsi un guardaroba più sostenibile? Il primo passo non può che essere quello di riconsiderare il nostro modo di fare shopping, e questo passa inevitabilmente dal fast fashion. La moda veloce e low cost ci ha abituati a trovare ogni settimana qualcosa di nuovo in vetrina, innescando il meccanismo degli acquisti d’impulso (altrimenti, quel vestito non lo trovi più!) e portandoci ad acquistare capi che getteremo presto e senza troppi sensi di colpa – perché sì, nel mondo moderno la coscienza abbina il valore degli oggetti meramente al loro prezzo. Un guardaroba sostenibile, invece, si compone con acquisti ragionati e capi durevoli, che potremo indossare stagione dopo stagione. Facile a dirsi, difficile a farsi? Ecco un vademecum di cosa – e perché – non comprare nei negozi della moda low cost.
Le t-shirt di cotone
Cosa c’è di più innocuo di una maglietta di cotone? In fondo, si tratta di una fibra naturale. E poi, spesso hanno stampe che fanno leva sulla nostra emotività, ad esempio quelle a tema femminista (copiate da Dior) oppure I love the Planet proposte giusto in tempo per l’Earth Day. I prezzi bassi fanno il resto, e in un attimo siamo alla cassa… Le t-shirt con slogan sull’empowerment femminile rappresentano un bel paradosso, perché la moda low cost si basa sullo sfruttamento di una manodopera che è rappresentata all’80% da giovani donne per cui l’empowerment è un miraggio lontanissimo. Quanto alle dichiarazioni ambientaliste stampate sulle t-shirt, è ironico il fatto che il cotone sia una delle fibre naturali più diffuse, pur avendo un’impronta ecologica tutt’altro che leggera tra sementi OGM, pesticidi, impoverimento del suolo e sfruttamento dei contadini nei Paesi in via di sviluppo.
Il cotone organico, coltivato senza l’uso di pesticidi, riduce questa impronta, mentre la certificazione internazionale Gots, acronimo di Global Organic Textile Standard, controlla l’intera filiera dalla semina della materia prima fino al confezionamento, e ogni passaggio deve garantire anche la buona qualità delle condizioni di lavoro degli operai.
I vestiti in poliestere
Il poliestere è uno dei tessuti più utilizzati nel fast fashion, e rientra di diritto nella lista delle cose da non comprare low cost. È una fibra sintetica derivata dal petrolio (ouch!), spesso utilizzata in combinazione con altre fibre sintetiche oppure naturali, creando il problema dei tessuti misti che sono praticamente impossibili da riciclare (ouch!). Abbastanza resistente all’abrasione e al taglio, il poliestere non è altrettanto resistente al pilling, anzi: è assai propenso alla formazione di quegli odiosi pallini già dopo i primi lavaggi. Lavaggi durante i quali rilascia microplastiche che vanno a inquinare gli Oceani (ma questo potete evitarlo o almeno limitarlo usando gli appositi sacchetti che le catturano). Ah, poi c’è la facilità con cui sviluppa cattivi odori e genera cariche elettrostatiche (cioè, rende i capelli elettrici). Basta così per prevedere un futuro in fondo all’armadio per qualsiasi vestito o maglione in poliestere?
Le camicie
Tra le cose da non comprare low cost, mi sento di puntare il dito anche sulle camicie. Spesso sono in poliestere, o comunque in tessuti di scarsa qualità, per non parlare del fit e delle cuciture. La camicia bianca è un caposaldo della moda, un capo che sarà sempre attuale e che può rappresentare la base per tantissimi outfit diversi, al lavoro come nel tempo libero. Ecco perché vale la pena investire un po’ di più in una camicia di buona qualità, bianca oppure colorata, che vesta alla perfezione e ci faccia sentire a nostro agio in ogni situazione. Cose che un capo low cost, con il suo aspetto inevitabilmente cheap, non potrà mai fare.
I jeans
Impossibile non amarli, ma bisogna sapere che si tratta di una liason pericolosa. La produzione del denim è infatti tra i comparti più impattanti dell’industria della moda. La produzione di un solo paio di jeans comporta il consumo di circa 3.781 litri d’acqua, oltre a causare forte inquinamento delle acque di scarico industriali. Non solo: per dare ai jeans quel tocco invecchiato e scolorito che va tanto di moda, vengono utilizzati processi di lavorazione altamente inquinanti e pericolosi per gli operai. Tutto questo è ben rappresentato nel documentario RiverBlue.
La buona notizia è che, nel settore della moda sostenibile, sono state già messe a punto diverse strategie per ridurre al minimo i consumi di acqua e l’uso di sostanze chimiche dannose per la produzione del denim.
I capi con applicazioni
A chi non piace un capo abbellito con ricami o applicazioni luccicanti? Il rovescio della medaglia, però, è che si tratta di un classico stratagemma del fast fashion per far apparire “lussuosi” e appetibili capi di scarsa qualità. Una patina dorata su tessuti scadenti e cuciture approssimative, insomma. E infatti, quante volte vi è capitato di vedere perline e strass volare via dopo pochi lavaggi? Qui è proprio il caso di chiedersi come sia possibile confezionare capi del genere a prezzi così bassi. Dietro l’etichetta, purtroppo, si nascondono le mani di tanti bambini che imparano presto il mestiere anziché andare a scuola, trovandosi così intrappolati nel ciclo della miseria che sono le fabbriche di abbigliamento low cost.
E pensare che la moda made in Italy è famosa proprio per le sue lavorazioni raffinate, la tradizione delle ricamatrici e le maestranze in grado di realizzare decorazioni originalissime. Un tesoro da riscoprire andando alla ricerca delle botteghe artigiane che ancora resistono all’avanzata del fast fashion.